L’ansia è l’interesse che si paga su un guaio prima che esso arrivi
William Ralph Inge
Il Disturbo da Ansia Generalizzata (GAD) è una entità clinica descritta per la prima volta nel 1980 nel manuale diagnostico americano DSM-II. In precedenza, infatti, insieme ad altri disturbi di ansia (Disturbo da Panico, Fobie Semplici, Fobia Sociale) rientrava nell’ambito delle nevrosi e non era quindi concepito come quadro a sé stante. Ne parliamo con la Dottoressa Cristina Toni, specialista psichiatra del Centro Medico Visconti di Modrone.
Nella popolazione generale è riportata una prevalenza annuale di 0.9% tra gli adolescenti e intorno al 3% tra gli adulti, con un rapporto femmine/maschi di 2 a 1. L’età di esordio è variabile con un picco tra i 30 e i 40 anni e un decremento con l’avanzare dell’età; la durata è in genere prolungata di molti anni.
Il GAD si caratterizza per uno stato di eccessiva preoccupazione verso molteplici circostanze di vita, quali la salute e l’incolumità dei familiari, la stabilità economica, i fallimenti personali o dei congiunti in ambito lavorativo, scolastico, affettivo e altre sventure di qualsiasi tipo. Il sintomo caratteristico è l’attesa apprensiva con anticipazione pessimistica di svariati eventi negativi. I pazienti affetti da GAD si descrivono come cronicamente ansiosi ed apprensivi, lamentando lunghi periodi nei quali hanno sofferto di uno stato di particolare preoccupazione per numerose circostanze ordinarie della vita di tutti i giorni. I pazienti vivono quindi in uno stato di allarme ed ipervigilanza continui. A queste paure e allarmismi pessimistici si associano sintomi fisici, come respiro affannoso, palpitazioni, sudorazione, bocca secca, sensazione di nodo alla gola, di testa vuota e leggera, vampate di caldo; i disturbi della sfera gastro-enterica (meteorismo, difficoltà digestive, nausea, diarrea) sono ampiamente rappresentati, come pure l’aumento della frequenza urinaria. La tensione muscolare si esprime spesso con manifestazioni dolorose diffuse o con cefalee localizzate in sede occipitale o frontale. Talvolta il coinvolgimento della sfera muscolare comporta tremore, contrazioni ed irrigidimento degli arti superiori.
Lo stato di apprensione sostiene infine alcuni sintomi cognitivi, quali ridotta concentrazione, facile distraibilità, disturbi della memoria, così come irrequietezza, irritabilità, nervosismo.
Spesso, sono proprio le turbe di tipo digestivo o cardio-respiratorio o altri sintomi somatici quali facile faticabilità, disturbi del sonno, eccessiva sudorazione, a motivare la richiesta di un intervento medico. Una volta esclusa la presenza di una eventuale patologia organica, questi pazienti riescono a convivere con il disturbo, interpretandolo come un proprio “stile di vita”, come la propria “modalità esistenziale”. Le frasi che caratterizzano questi soggetti sin dal primo colloquio con il medico sono: “sono sempre stato nervoso”, “mi preoccupo di tutto”.
La fenomenica clinica è in genere di intensità moderata, raramente grave, con un esordio insidioso e un decorso protratto, con fasi di esacerbazione. A questo proposito, in alcuni studi, è stata osservata una durata di malattia di oltre la metà della vita del paziente. Se il disturbo non è complicato da depressione o da uso di sostanze, raramente è richiesto l’intervento dello psichiatra, in quanto la limitata compromissione in ambito lavorativo e sociale e l’assenza di una fenomenica ansiosa con caratteristiche di drammaticità rendono meno pressante la necessità dell’intervento specialistico. I soggetti con ansia generalizzata tendono, infatti, a mantenere adeguate capacità prestazionali ed a condurre una vita attiva e valida sotto il profilo relazionale.
L’uso a scopo auto-terapeutico di alcol, caffeina, stimolanti e benzodiazepine è di frequente riscontro e può condurre, talvolta, a veri e propri disturbi da uso di sostanze. Anche alterazioni della condotta alimentare con comportamenti iperfagici e conseguente obesità possono riconoscere un terreno predisponente nel GAD.
L’approccio al paziente con ansia generalizzata è improntato ad un sostegno psicoterapeutico finalizzato al riconoscimento di eventuali fattori scatenanti ed alla rassicurazione, associato o meno a trattamenti psicofarmacologici. Alcune tecniche di rilassamento sono state impiegate al fine di consentire un migliore controllo delle reazioni emotive.
Dal punto di vista farmacologico le benzodiazepine rappresentano i farmaci di più largo impiego. L’efficacia dell’attività ansiolitica, ipnotica e miorilassante e la relativa sicurezza d’impiego hanno reso questi composti di facile utilizzazione da parte del medico. Tuttavia, il frequente riscontro di fenomeni di dipendenza e tolleranza costituisce oggi un valido presupposto per una revisione critica del loro impiego, soprattutto nella terapia a lungo termine, con una riconsiderazione del rapporto rischi-benefici. Tra gli antidepressivi, gli Inibitori del Reuptake della Serotonina sembrano mostrare una notevole efficacia ed una buona stabilità dell’effetto terapeutico, associate a tollerabilità e sicurezza di impiego.
Fonte: Tgcom24