La netta tendenza verso un prolungamento dell’aspettativa di vita ha determinato, in tutto il mondo, una modificazione strutturale della popolazione, con una proporzione via via crescente di soggetti anziani. Sebbene questi ultimi siano particolarmente a rischio per l’insorgenza di disturbi depressivi, la depressione ad esordio in età senile è tuttora sotto-diagnosticata e viene spesso considerata un corollario “fisiologico” della vecchiaia. Di fatto dati epidemiologici indicano percentuali di prevalenza della depressione nella terza età che variano dall’1 al 35%, con i tassi più elevati nelle case di riposo e negli istituti di lunga degenza.
L’espressione clinica della depressione nell’anziano può essere molto diversa da quella dell’adulto più giovane. In particolare l’anziano può presentare in misura maggiore sintomi cognitivi (che peggiorano quelli già presenti nel fisiologico processo dell’invecchiamento) e sintomi fisici, accompagnati da lamentele ipocondriache. È particolarmente frequente il rischio di suicidio.
Il non riconoscimento della depressione porta inevitabilmente ad un mancato trattamento o comunque all’adozione di misure terapeutiche inadeguate. Una depressione in un soggetto anziano, se non trattata, presenta un elevato tasso di ricadute e di cronicizzazione e determina un incremento della mortalità, naturale e per suicidio, ed una prognosi peggiore delle malattie somatiche concomitanti.
Dott.ssa Cristina Toni