Da qualche decennio si sta verificando in Italia e, più in generale, nella maggior parte dei paesi europei, un progressivo invecchiamento della popolazione dovuto alla scarsa fecondità.
È accertato che uno dei principali fattori che condizionano la fertilità è l’età della donna. Infatti la probabilità di concepire un figlio per una donna di 35 anni si riduce al 50% rispetto a una donna di 25 anni, a 38 anni si arriva al 25%, fino a toccare il 5% a 40 anni. Questo è uno dei motivi principali per cui la percentuale di successo, per via naturale oppure utilizzando una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA), nelle coppie dove la donna ha un’età superiore ai 40 anni è molto bassa. Purtroppo, per motivi di vario genere (sociali, lavorativi, economici e altri eventuali), le coppie tendono a spostare sempre più in là il momento in cui si ricerca una gravidanza. La Dott.ssa Silvia Giulia Secchi del Centro Medico Visconti di Modrone ci fornisce alcune interessanti indicazioni riguardo a questo argomento. L’età della donna al momento del concepimento non è però il solo elemento in grado di determinare un basso grado di fertilità nella popolazione. Giocano un ruolo anche altri fattori: patologie sistemiche dell’età riproduttiva (diabete, patologie tiroidee, patologie autoimmuni), alterazioni del ciclo ovulatorio (come nella sindrome dell’ovaio policistico), patologie tubariche e uterine, alterazioni del muco cervicale, endometriosi. Ovviamente bisogna considerare anche la presenza di fattori di sterilità maschili: anomalie o infezioni urogenitali, aumento della temperatura scrotale (come conseguenza, ad esempio, di varicocele), disturbi endocrini, anomalie genetiche, fattori immunologici. Inoltre, non è da trascurare per entrambi i sessi l’eventuale esposizione a fattori tossici, fisici o chimici, e lo stress psicofisico. Si calcola che, qualora vi siano difficoltà all’instaurarsi di una gravidanza o al portarla a termine, sia in gioco una causa femminile in circa un terzo dei casi, una causa maschile in un altro terzo, un problema di coppia nel 15%, mentre la restante percentuale rimane inspiegata.
Le terapie di tipo occidentale sono mirate alla causa della sterilità, ove questa sia individuabile; quindi si tratta di trattamenti di tipo antibiotico in caso di infezioni, ormonale se sono presenti disturbi endocrini, chirurgico su precisa indicazione. Qualora non venga riscontrata una causa specifica, ossia nelle forme idiopatiche, vengono in genere prescritti una supplementazione della dieta con prodotti antiossidanti e uno stile di vita adeguato (astensione dal fumo, modico consumo di alcol, eventuale perdita di peso mediante una dieta ricca di frutta e verdura e povera di grassi, regolare attività fisica). In alcuni casi può venire consigliato il ricorso a tecniche di concepimento medicalmente assistito, dalle meno invasive, come l’inseminazione intrauterina, a quelle di secondo livello, come la fecondazione in vitro, e di terzo livello, con prelievo chirurgico degli spermatozoi. Esistono poi delle tecniche complementari, come la PMA eterologa. Ovviamente, tutti questi trattamenti comportano delle possibili conseguenze, la più grave delle quali è legata all’iperstimolazione ovarica, che si può complicare con episodi tromboembolici e disfunzione epatica, con potenziale esito fatale.
Gli effetti dell’agopuntura nel trattamento dell’infertilità, ormai documentati da innumerevoli studi a livello mondiale, sono molteplici: essa può regolarizzare il ciclo mestruale e l’ovulazione, rendere ottimale per un’eventuale gravidanza l’ambiente uterino e incrementare le percentuali di successo in caso di PMA. Inoltre, l’agopuntura svolge un ruolo importante nel ridurre l’infiammazione delle vie genitali, migliorando in questo modo anche le caratteristiche del liquido seminale.
Non tutti i meccanismi alla base del funzionamento dell’agopuntura sono ad oggi noti, ma, dagli studi effettuati finora, sembra che ci siano una modulazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, un effetto di inibizione del sistema ortosimpatico e la liberazione di beta-endorfine, che si traduce, in definitiva, in un miglioramento della motilità e del flusso ematico uterino, in un effetto antidepressivo e in una riduzione dello stress psicofisico associato all’infertilità e ai trattamenti di PMA.
Fonte Tgcom24